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“Per i giuslavoristi questa è una rivoluzione copernicana, perché impone di ragionare su nuovo modello organizzativo e di contratto di lavoro. Si contrattualizza così il rendimento che datore di lavoro si aspetta in cambio nello spazio-tempo gestito dal lavoratore e si mescola la subordinazione del lavoratore subordinato con l’autonomia del lavoratore autonomo”

Riprendiamo questo estratto dell’intervento di Luca Failla, partner fondatore di Failla & Partners, durante la presentazione del secondo Osservatorio Lavoro, condotto dal Centro Studi di TopLegal.

L’attenzione è posta su un cambiamento significativo: la crescente importanza attribuita alla vita privata rispetto a quella lavorativa. In questo contesto, l’applicazione di progetti di smartworking, hybrid work e settimana corta prendono la forma di risposte adeguate, ma la loro rilevanza va oltre la semplice gestione delle ore lavorate.

Ripensare e ridefinire

Nell’ultimo periodo, in molte realtà italiane e internazionali, l’approccio basato sul controllo delle presenze e delle ore lavorate, ha lasciato spazio a una prospettiva più centrata sulle performance e sugli obiettivi.

La chiave del cambiamento sta nel delineare chiaramente le aspettative in termini di risultati, lasciando ai collaboratori una maggiore autonomia nella gestione del proprio spazio e tempo di lavoro. In questo modo, si può raggiungere un mix innovativo tra la subordinazione tipica del lavoratore dipendente e l’autonomia caratteristica del lavoratore autonomo.

Approcci flessibili

Emerge quindi la necessità di nuovi approcci non solo dal punto di vista tecnico ma anche relazionale. Smartworking, settimana corta e lavoro ibrido sono strumenti per cui non basta più la stesura di un regolamento o un progetto tecnicamente ineccepibile, è necessario lavorare anche sulla una cultura della responsabilità e della fiducia.

Un processo profondo e articolato ma che molte aziende hanno iniziato.
La volontà è quella di evolvere restando al passo con un mondo del lavoro che riflette nuove priorità per le persone e nuove sfide per le organizzazioni.

È quindi necessario che le aziende competitive creino la loro mappa su questi temi, utile per capire quando e come muoversi.

La mappa di Smartworking

Noi di Smartworking srl aiutiamo le organizzazioni ad introdurre forme di flessibilità lavorativa fornendo consulenza e offrendo strumenti digitali per valutare la sostenibilità del cambiamento e soluzioni agili per supportare i team nell’adozione di nuove forme di organizzazione del lavoro.

Per realizzare una vera e propria mappa, è necessario partire da quale forma di flessibilità (lavoro agile, settimana corta, flessibilità oraria..) possa essere più sostenibile per l’azienda.

Un primo passo concreto è la nostra SMATRIX che, attraverso un’analisi accurata del livello di agilità, descrive il vero potenziale dell’organizzazione sui temi smartworking e settimana corta.

Si tratta di uno strumento di Data Intelligence che permette di mappare ogni singolo team rispetto al livello di sostenibilità operativa e culturale.


CONTATTACI – SMARTWORKING SRL

Smartworking Srl è la prima azienda in Italia specializzata in progetti di flessibilità. Forniamo supporto alle organizzazioni nell’introduzione di forme di flessibilità lavorativa, dallo smart working alla short week. La nostra consulenza si basa su anni di esperienza e su centinaia di progetti portati avanti con aziende di tutta Italia.Il nostro è un approccio globale al cambiamento aziendale, non solo da un punto di vista organizzativo, ma anche culturale, degli spazi e della tecnologia. Per fare ciò, ci avvaliamo di personale altamente qualificato e di strumenti tecnologici all’avanguardia, in grado di accompagnare aziende di ogni settore e grandezza verso le sfide aziendali del futuro.

Vuoi progettare insieme a noi come rendere sostenibile la tua azienda?

Hai già sentito parlare di Workplace Revolution?

È un approccio innovativo al Workplace Management e come ogni rivoluzione, anticipa i tempi e cambia le regole del gioco.

Ti aiuta a supportare in modo sicuro, grazie ai dati, le opzioni di scelta e gestione per il tuo spazio di lavoro.

Workplace Revolution significa:

  • Definire i metri quadri in modo innovativo, correlato al tempo di utilizzo
  • Progettare in base alle attività effettive dei vari spazi
  • Una gestione più puntuale dell’ufficio e del suo ecosistema

Il webinar

Durante il webinar conoscerai i dettagli operativi di questa modalità di progettazione e gestione degli spazi di lavoro. Ti racconteremo una esperienza concreta nella quale l’approccio Workplace Revolution ha avuto un ruolo determinante.

È un evento di Smartworking srl e Macroarea
In collaborazione con:
Real Estate Center del Politecnico di Milano

Con il patrocinio di:
FIABCI

Clicca per iscriverti al nostro webinar!

Foto di Proxyclick Visitor Management System su Unsplash

Che cosa significa gestire gli spazi di lavoro mentre il modo di lavorare è in continuo cambiamento?

Negli ultimi anni, la gestione degli spazi di lavoro è passata da concetti strutturali, funzionali e tattici a una visione più strategica, dinamica e adattiva.

L’evoluzione del workplace management è quindi da sempre una risposta alle mutevoli esigenze delle organizzazioni, dei mercati ma soprattutto delle persone. L’approccio alla creazione e gestione degli spazi di lavoro ha subito diverse trasformazioni: da uffici chiusi e statici, passando per gli open space fino a moderni spazi flessibili.

Ci siamo interrogati su come affrontare questo tema cruciale per le aziende e, per farlo, siamo partiti dall’inizio.

Che cos’è il workplace management?

Si tratta di una disciplina che si occupa di progettare, organizzare e ottimizzare gli spazi e le risorse, creando un ambiente di lavoro efficiente, funzionale e adatto alle esigenze specifiche di un’organizzazione e delle sue persone.

Dalla disposizione fisica degli uffici, all’utilizzo delle tecnologie, dalle politiche di flessibilità lavorativa fino alle strategie di coinvolgimento dei dipendenti, il workplace mangement ha come obiettivi:

  • Massimizzare la produttività
  • Migliorare la soddisfazione dei dipendenti
  • Favorire un ambiente lavorativo che supporti gli obiettivi aziendali.

L’approccio

Esiste un approccio classico alla gestione degli spazi di lavoro. Si tratta di una base, un punto di partenza dal quale le organizzazioni possono avviare processi di workplace management di senso.

È diviso in tre livelli:

Livello Strategico

risponde a sfide come: “Quando entro in azienda sento poca energia…”, “La nostra sede è poco attrattiva per i giovani”

Il tema sono quindi decisioni di alto livello che influenzano l’intera organizzazione. È il livello in cui delineano gli obiettivi a lungo termine e la visione complessiva dell’azienda, come ad esempio: decidere di adottare un modello di lavoro ibrido per migliorare la flessibilità delle persone.

Livello Tattico

risponde alle sfide come: “Servirebbero almeno due sale riunioni in più”, “Gli spazi in sede non ti permettono di collaborare”

Questo livello riguarda la traduzione delle decisioni strategiche in azioni concrete. Si tratta di sviluppare piani e procedure che aiutino a raggiungere gli obiettivi strategici. Implementare politiche specifiche per supportare il lavoro flessibile, come giorni di lavoro da remoto o la creazione di spazi di lavoro collaborativo sono attività da livello tattico.

Livello Operativo

risponde alle sfide come: “In questi uffici fa sempre o troppo caldo o troppo freddo…”, “Come faccio a prenotare la sala riunioni?”

Mette in pratica ciò che è stato deciso nei livelli strategico e tattico. Vengono gestite le attività quotidiane in modo più efficente possibile, in modo che tutto funzioni senza intoppi. Esempi di livello operativo sono la gestione della manutenzione degli ambienti, rendere disponibili materiali di consumo e strumenti per le esigenze dei singoli spazi e uffici.

Workplace Revolution: il webinar

Approfondendo ognuno dei tre livelli, ci siamo resi conto che il workplace management ha molto a che fare con tematiche quali change management, lavoro agile e ibrido, innovazione organizzativa, brand differentiation.

Crediamo sia necessario sviluppare progetti che prendano spunto dai tre livelli e siano sufficentemente agili da governare i cambiamenti rapidi e improvvisi, così flessibile da gestire piccole e grandi rivoluzioni all’interno delle organizzazioni.

Ti aspettiamo quindi per raccontarti i primi passi dal workplace management verso la workplace revolution: decisioni strategiche, azioni tattiche e operazioni quotidiane che, ben progettate, conducono a una gestione efficiente, una vera e propria rivoluzione degli spazi in cui le persone lavorano e si connettono.

Clicca per iscriverti al nostro webinar!

Il lavoro ibrido sta rivoluzionando il mondo del lavoro e le ferie così come le abbiamo sempre conosciute.

Liberi da luoghi fisici imposti, sono in crescita le aziende italiane che hanno puntato su misure di flessibilità per la propria popolazione aziendale durante il periodo estivo.

Workation, ovvero lavorare nei luoghi di vacanza

Generali Italia, per la prima volta nella sua storia, ha chiuso le sedi direzionali per tutto il mese di agosto, con la possibilità quindi di lavorare da remoto anche nei propri luoghi di villeggiatura. “Una scelta innanzitutto di sostenibilità ambientale – come spiega Gianluca Perin, Country General manager – se pensiamo all’energia elettrica risparmiata negli uffici e alla riduzione di emissioni di CO2 prodotte da un numero minore di spostamenti casa-ufficio. In secondo luogo, è un’iniziativa rispettosa del work-life balance, perché permetterà di utilizzare il mese di agosto per passare più tempo in famiglia, pur mantenendo fede ai agli impegni professionali”.

Un fenomeno post Covid chiamato workation, nato dalla crasi delle parole inglesi work e vacation, ossia lavorare mentre si è in luoghi di vacanza. Questo non significa compromettere le proprie ferie e il meritato riposo, bensì prolungarlo lavorando da remoto o – traslato per tutto l’anno – allungare i weekend fuoriporta o i ponti festivi.

Sono 2 italiani su 5 che quest’anno hanno scelto questa formula innovativa secondo la ricerca AstraRicerche per Emma Villas – leader italiano nel settore del vacation rental- realizzata su un campione di oltre 1000 italiani di età compresa tra i 30 e i 70 anni.

E negli Stati Uniti?

Alphabet e Google hanno annunciato che durante i mesi estivi e le vacanze i dipendenti potranno lavorare in sede per un massimo di 4 settimane l’anno, American Express ha introdotto la formula “lavoro da qualsiasi luogo” per lo stesso numero di settimane.

Le big tech – come Linkedin, Salesforce, Oracle, Netflix, Adobe e Microsoft – hanno dato vita ad una nuova declinazione dello smart working, quello delle “ferie libere”, denominato “Discretionary Time Off”.
Secondo un recente sondaggio, condotto negli Stati Uniti da Wisetail e OnePoll, il 28% degli intervistati  ha dichiarato che il clima fresco aiuta la produttività mentre per il 23% le alte temperature influiscono negativamente sulle performance lavorative. Il 63% degli intervistati ha dichiarato di soffrire di disturbo affettivo stagionale, che comporta cambiamenti di umore o episodi depressivi in determinati periodi dell’anno, spesso legati al clima.

Un nuovo modello di ferie come strategia di fidelizzazione e attrazione delle aziende?

Se alcune aziende, post Covid, hanno abbandonato – o fortemente ridotto – lo smart working e altre forme di flessibilità lavorativa, chi non ha dubbi a riguardo è la Generazione Z.

Secondo un’indagine di Future-Proof condotto da Dell Technologies in collaborazione con la società di ricerche Savanta ComRes su un campione nella fascia d’età 18-26 in 15 paesi del mondo, è emerso che la possibilità di lavorare in modo flessibile e da remoto è un aspetto molto importante per la Generazione Z.

Il 63% degli intervistati ritiene che lo smart working sia un elemento condizionante della scelta del posto di lavoro.

Se le nuove generazioni non sono disposte a rinunciare ad una qualche forma di flessibilità, ad un giusto equilibrio tra vita professionale e privata e, se insoddisfatti, più di 1 giovane lavoratore su 3 cambia lavoro già dopo due anni (fonte Will Media), proposte come la settimana corta, il full remote, le ferie illimitate, il lavoro per obiettivi e non per orari possono diventare valide strategie di fidelizzazione e retention  per le aziende.

Fonti

nordesteconomia.geolocal.it

ilmessaggero.it

Will Media

dell.com

Cosa vuol dire lavorare full remote dall’estero? E quali sono le implicazioni in materia di sicurezza sul lavoro?

Paola Salazar,  Avvocato Giuslavorista e Legal Advisor di Smartworking srl, ha analizzato il fenomeno per la quarta uscita del format – “Le risposte Agili dell’avvocato”. L’argomento è ampio ed interessante, nelle prossime puntate approfondiremo le diverse tematiche relative alla previdenza e l’ambito fiscale. Gli iscritti alla nostra newsletter ricevono ogni mese in anteprima la rubrica con le nuove domande e risposte. Se non sei iscritto, clicca qui:

Diversamente, abbiamo deciso di raggruppare anche qui le tematiche affrontate in una serie di articoli. Se ti sei perso la scorsa uscita, sulle implicazioni fiscali e previdenziali del lavoro full remote, clicca qui!

Lavoro Full Remote dall’estero

In vista del periodo estivo e della programmazione delle ferie, molti si interrogano sulla possibilità di prolungare i benefici del periodo di riposo e delle vacanze continuando a lavorare lontano dalla città e magari – capo e azienda permettendo – dall’estero. 

Si tratta di un “benefit” intangibile che è forse oggi il prodotto più evidente del post-pandemia. Il ritorno alla normalità del lavoro, accompagnata in alcuni settori anche da una stretta sul lavoro da remoto, ha accresciuto il desiderio di flessibilità individuale e le potenzialità organizzative che derivano dal lavoro agile.

Purché si abbia un regolamento di lavoro agile completo e un accordo di lavoro agile flessibile, ossia strutturato non a giornata fissa, ma in modo da consentire il lavoro da remoto anche per brevi periodi continuativi.

Ma in questi casi quali sono le implicazioni in materia di salute e sicurezza sul lavoro? Inoltre, è possibile farlo anche in caso di brevi soggiorni all’estero? E in quali Paesi?

Cosa ci dice la legge sul Lavoro Agile

Il tema sta diventando di sempre maggiore attualità ed è particolarmente delicato perché ha molte implicazioni non solo di sicurezza ma anche di natura previdenziale e fiscale. Tuttavia, sarebbe troppo semplicistico vietare completamente i soggiorni per lavoro fuori dall’Italia – come in molte aziende si percepisce stia già avvenendo – mentre è sicuramente utile comprendere cosa dice la legge e quali sono gli spazi entro i quali è possibile muoversi. Soprattutto considerando che a livello internazionale facciamo parte dell’Unione Europea e che la mobilità dei cittadini dell’Unione è assicurata e protetta dal Trattato istitutivo.

Quando, infatti, la prestazione lavorativa viene eseguita secondo le modalità del lavoro agile da un paese diverso dall’Italia, nella gestione del rapporto di lavoro da remoto si inserisce un elemento di transnazionalità che va attentamente governato. Ci troviamo infatti di fronte ad una fattispecie del tutto nuova che non può essere inquadrata negli istituti tipici della trasferta oppure del distacco, perché il soggiorno all’estero non è effettuato nell’interesse del datore di lavoro ma vi è una forte componente volontaria che proviene dal lavoratore. Ossia la valutazione dell’opportunità del soggiorno all’estero anche per soddisfare quelle esigenze di conciliazione vita-lavoro che sono uno dei fattori previsti e tutelati dalla disciplina del lavoro agile. 

Diversi sono quindi gli interrogativi che sorgono in questi casi. Il primo a venire in considerazione – e il primo che vogliamo trattare – è quello relativo alla salute e sicurezza. Interrogativo al quale si lega anche l’ulteriore dubbio relativo all’eventualità dell’infortunio sul lavoro.  

Va innanzitutto ricordato che la legge che regola il Lavoro agile (art. 18 e ss. L. n. 81/2017) non pone particolari vincoli di natura contrattuale alla possibilità di eseguire la prestazione lavorativa da un Paese diverso dall’Italia.

Si deve trattare di ipotesi eccezionali, non della norma. Inoltre devono essere brevi periodi, soprattutto per le possibili implicazioni previdenziali e fiscali di un soggiorno prolungato all’estero svolgendo un’attività lavorativa che è comunque eseguita per conto di un datore di lavoro italiano in un paese diverso da quello di assunzione e di residenza abituale.

Tuttavia, il presupposto contrattuale per la legittimità di tali ipotesi lo si ricava direttamente dalla legge.  

L’art. 18, c. 1 della L. n. 81/2027 stabilisce che : “le disposizioni del presente capo, allo scopo di incrementare la competitività e agevolare la conciliazione dei tempi di vita e di lavoro, promuovono il lavoro agile quale modalità di esecuzione del rapporto di lavoro subordinato stabilita mediante accordo tra le parti, anche con forme di organizzazione per fasi, cicli e obiettivi e senza precisi vincoli di orario o di luogo di lavoro, con il possibile utilizzo di strumenti tecnologici per lo svolgimento dell’attività lavorativa. La prestazione lavorativa viene eseguita, in parte all’interno di locali aziendali e in parte all’esterno senza una postazione fissa, entro i soli limiti di durata massima dell’orario di lavoro giornaliero e settimanale, derivanti dalla legge e dalla contrattazione collettiva”. 

È la stessa norma che stabilisce che sulla base dell’accordo tra le parti – da cui l’importanza dell’accordo individuale – la prestazione lavorativa può essere svolta senza precisi vincoli di orario o di luogo di lavoro (purché nel quadro di una certa programmazione degli obiettivi ossia per fasi, cicli e obiettivi).

Non solo, caratteristica del lavoro agile è proprio che la prestazione lavorativa viene eseguita in parte all’interno dei locali aziendali e in parte all’esterno, senza una postazione fissa. Entro i soli limiti di durata massima dell’orario di lavoro giornaliero e settimanale, derivanti dalla legge e dalla contrattazione collettiva. 

La legge non pone pertanto alcun divieto per i casi di esecuzione non prolungata della prestazione lavorativa da un Paese diverso dall’Italia, tanto più se si tratta di un Paese UE. Visto che l’ordinamento comunitario tutela per tutti i cittadini dell’unione il diritto di libera circolazione.

Esistono allora particolari vincoli almeno dal punto di vista della sicurezza?

La sicurezza del lavoratore agile

La disciplina in materia di sicurezza del lavoratore agile prevede – oltre agli ordinari obblighi di prevenzione legati all’uso degli strumenti di lavoro – anche fattori di ‘rischio ambientale’, caratterizzati dal fatto che l’attività lavorativa è svolta al di fuori dei tradizionali “ambienti di lavoro”, come ad esempio nei casi in cui l’attività venga svolta al di fuori del proprio domicilio in esercizi pubblici.  Fattori che sono solitamente oggetto di attenta valutazione da parte dell’azienda, in collaborazione con l’RSPP e che sono inseriti all’interno dell’informativa che va consegnata al lavoratore – come espressamente previsto dalla legge (art. 22 L. n. 81/2017) e ricordato anche dall’INAIL (circ. n. 48/2017). Tra l’altro la legge richiama anche il rispetto da parte del lavoratore degli obblighi di cooperazione all’attuazione delle misure di prevenzione previste e predisposte dal datore di lavoro. 

L’esecuzione del lavoro in modalità agile in Italia o all’estero, non fa venir meno il possesso dei requisiti oggettivi (lavorazioni rischiose) e soggettivi (caratteristiche delle persone assicurate) previsti dalla legge per la tutela assicurativa del lavoratore agile (art. 23, c. 2 L. n. 81/2017) e per la stessa ricorrenza nell’ambito del lavoro subordinato dell’obbligo assicurativo INAIL (artt. 1 e 4, D.P.R. n. 1124/1965).

Sul fronte degli infortuni, la legge circoscrive la ricorrenza dell’infortunio sul lavoro all’esistenza di una diretta connessione dell’evento con la prestazione lavorativa: gli infortuni occorsi mentre il lavoratore presta la propria attività lavorativa all’esterno dei locali aziendali e nel luogo prescelto dal lavoratore stesso, sono tutelati se causati da un rischio connesso con la prestazione lavorativa. Tale principio è valido anche con riguardo alla fattispecie dell’infortunio in itinere (art. 23, c. 3 L. n. 81/2017 cit.), che viene riconosciuto tale nell’ambito del lavoro agile quando la scelta del luogo della prestazione è dettata da esigenze connesse alla prestazione stessa o dalla necessità del lavoratore di conciliare le esigenze di vita con quelle lavorative e risponda a criteri di ragionevolezza. Il lavoratore “agile” è quindi tutelato non solo per gli infortuni collegati al rischio proprio della sua attività lavorativa, ma anche per quelli connessi alle attività prodromiche e/o accessorie, purché strumentali allo svolgimento delle mansioni proprie del suo profilo professionale.

In conclusione

Da un punto di vista generale, quindi, il fatto che il lavoro venga eseguito in Italia, oppure occasionalmente e per brevi periodi da un paese diverso dall’Italia (ad esempio in altro paese dell’Unione Europea), non fa venire meno i presupposti oggettivi e contrattuali per la tutela assicurativa e per la gestione dei casi di infortunio.
Purché le parti lo abbiano previsto nell’accordo individuale e purché la scelta del luogo dal quale viene eseguita la prestazione lavorativa – se autorizzato dall’azienda qualora si trovi all’estero – risponda a criteri di ragionevolezza legati anche agli obiettivi di conciliazione vita-lavoro. 

Si pensi ad esempio a quanto è già avvenuto durante gli anni della pandemia. Molti lavoratori assunti in Italia che si trovavano lontano dai loro Paesi di origine, hanno scelto di rientrare per stare più vicino ai propri familiari lavorando da remoto e questa circostanza – al di là delle difficoltà connesse all’emergenza sanitaria – non ha alterato i presupposti oggettivi per veder garantita la tutela assicurativa contro gli infortuni sul lavoro.  

Ci vediamo alla prossima uscita!

PAOLA SALAZAR – Avvocato, esperto in diritto del lavoro. Dal 2009 il tema della conciliazione vita-lavoro, dell’organizzazione flessibile del lavoro e, oggi, del lavoro agile, è seguito sia per interesse personale, sia per interesse professionale come Legal Advisor di Smartworking srl.

La flessibilità è un tema che ci sta molto a cuore.

Oggi la grande sfida per le organizzazioni è riuscire a far coesistere i bisogni delle persone in termini di flessibilità con le esigenze di produttività e ottimizzazione delle risorse a disposizione.

Noi di Smartworking srl rispondiamo a questa esigenza, fornendo consulenza basata su anni di esperienza e sui progetti che abbiamo condotto in diverse realtà italiane, dal punto di vista culturale, degli spazi e tecnologico.

Nel fare questo, però, resta sempre fondamentale un aspetto: rimanere in ascolto dei bisogni e delle esigenze di flessibilità delle persone. Per questo motivo, sulla nostra pagina Linkedin ogni settimana lanciamo un sondaggio alla nostra community sul tema.

In questo primo articolo della serie, vediamo come le persone preferirebbero l’organizzazione della propria settimana lavorativa e come impiegherebbero quel “nuovo” tempo libero.

Settimana Corta: il mix ideale

Lo abbiamo detto tante volte: non esiste un unico modello di settimana corta. C’è il classico “100-80-100” (ovvero il 100% del salario per l’80% del tempo lavorativo in cambio del 100% della produttività) che prevede il venerdì libero, ma non è l’unica formula.

Oggi siamo nel campo delle sperimentazioni: ogni azienda che vuole approcciarsi alla flessibilità, deve provare la tipologia più adatta al proprio settore e, soprattutto, alla propria popolazione.

La strategia che suggeriamo in Smartworking Srl – come trovi in questo articolo –  è quella di chiarire quali sono gli obiettivi per cui l’organizzazione sta decidendo di procedere con la sperimentazione della settimana corta. A seguire, intervistare le figure chiave dell’azienda e, infine, scegliere i team su cui sperimentare.

Settimana Corta e Day off: destinazione d’uso

Tempo per se stessi e per le proprie passioni: il 34% dei nostri intervistati ha risposto così alla domanda sull’utilizzo del giorno off in caso di settimana corta in azienda.

Nella difficile gestione quotidiana del work-life balance, infatti, tocca spesso scegliere tra lavoro e famiglia, escludendo tutto il resto, passioni ed hobby compresi.

Il “day off” in caso di settimana corta potrebbe essere utilizzato per questo motivo. Secondo posto la famiglia.

Settimana Corta: ostacoli in azienda

La cultura aziendale, intesa come insieme di  valori, principi e norme condivisi da tutte le persone dell’organizzazione, resta il maggiore impedimento all’introduzione della settimana corta, secondo la nostra community.

E’ un asset fondamentale dell’azienda, che si costruisce con il tempo ma dovrebbe anche essere flessibile e tenere conto delle evoluzioni e cambiamenti della propria epoca e sapersi adattare. Al secondo posto il management.

Cosa vuol dire lavorare full remote? E quali sono le implicazioni fiscali e previdenziali?

Paola Salazar,  Avvocato Giuslavorista e Legal Advisor di Smartworking srl, ha analizzato il fenomeno per la terza uscita del format – “Le risposte Agili dell’avvocato”. L’argomento è ampio ed interessante, nelle prossime puntate approfondiremo le diverse tematiche relative alla sicurezza, previdenza e l’ambito fiscale. Gli iscritti alla nostra newsletter ricevono ogni mese in anteprima la rubrica con le nuove domande e risposte. Se non sei iscritto, clicca qui:

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Lavoro Full Remote e Nomadi Digitali

Dopo la pandemia – o complice la pandemia – si è diffuso soprattutto tra i giovani e con sempre maggiore insistenza il fenomeno del lavoro “full remote”. Ossia di attività di lavoro svolte in via esclusiva da remoto con forme di telelavoro oppure, molto più facilmente, con accordi di lavoro agile personalizzati che prevedano pochissimi rientri in azienda. Si tratta di ipotesi di lavoro ancora circoscritte, una volta appannaggio quasi esclusivo di lavori autonomi freelance, ma in lenta e consistente crescita anche nell’ambito del lavoro subordinato.

Si tratta di un fenomeno da guardare con molta attenzione, si pensi ad esempio ai nomadi digitali, ossia a coloro che scelgono – soprattutto nei primi anni della loro vita lavorativa, quando gli impegni familiari non sono ancora pressanti – di lavorare in forma full remote in giro per il mondo, favoriti spesso da favorevoli legislazioni fiscali. Tra i giovani sta diventando una vera e propria nuova filosofia di vita.

Il lavoro resta importante, ma non sembra occupare più il primo posto in quella che è la previsione del proprio cammino di vita. E non si tratta di un sentimento presente solo tra chi può vantare scolarità elevata. Sicuramente è richiesta una certa formazione di base e specialistica così come la possibilità di svolgere un lavoro intellettuale, creativo o ad alta specializzazione tecnica.

Si tratta di requisiti il più delle volte indispensabili per sposare questa nuova tendenza, ma non esclusivi. La semplice disponibilità di un collegamento remoto e di un pc agevolano questa forma di lavoro anche per attività di natura più routinaria. Come ad esempio molte delle attività di back office o di natura amministrativa che possono essere gestite senza necessità di una presenza fisica in un ufficio.

È importante chiedersi: è la soluzione per dare una risposta al desiderio di un maggiore equilibrio vita-lavoro? Può essere la strada per dare significato al senso di insoddisfazione che sembra caratterizzare il lavoro negli ultimi anni, tanto da influire anche sul fenomeno delle grandi dimissioni? 

Implicazioni Fiscali e Contributive

Oltre agli innumerevoli aspetti positivi che il lavoro full remote porta con sé, vediamo qualche punto di attenzione da valutare prima di intraprendere questa strada:  

  1. Rischio Isolamento

Il rischio di isolamento è sempre stata la preoccupazione maggiore nel dibattito sulla regolamentazione del telelavoro fin dalla sua nascita più di venti anni fa. Sarebbe meglio regolare questi accordi, anche in chiave innovativa prevedendo forme di lavoro ibrido – ove possibile. Magari adottando meccanismi di alta flessibilità organizzativa nella gestione dei tempi di lavoro, come quelli connessi con le sperimentazioni della settimana corta (trovi l’articolo di approfondimento QUI) che si stanno sempre più diffondendo.

  1. Implicazioni fiscali

Vi sono poi importanti implicazioni fiscali che vanno comunque prese in considerazione, considerato ad esempio che le norme fiscali richiedono sempre il pagamento delle imposte nel luogo in cui si produce il reddito. Luogo che potrebbe anche non coincidere con il paese che viene considerato anche dal punto di vista fiscale come il centro principale degli interessi. E che non sempre è possibile gestire il conflitto tra diversi regimi di imposizione fiscale con le convenzioni internazionali contro le doppie imposizioni.

Ma vi è di più: quando si lavora in un paese estero per conto di un’organizzazione che ha sede in un altro paese, le implicazioni fiscali connesse alla costituzione di una stabile organizzazione e ai connessi obblighi di fiscalità internazionale sono molteplici e complesse.

  1. Implicazioni previdenziali

Non solo, anche dal punto di vista previdenziale alcuni paesi – soprattutto in ambito extra-europeo – richiedono il pagamento dei contributi sul proprio territorio fin dal primo giorno di soggiorno e di lavoro.
Inoltre, le nuove generazioni hanno poca propensione a valutare soprattutto all’inizio della carriera il proprio futuro previdenziale. L’essere un nomade digitale full remote potrebbe portare il rischio di frammentazione della propria posizione previdenziale. Il che potrebbe comportare rilevanti conseguenze nel momento in cui a fine carriera si volessero valorizzare in un assegno pensionistico i contributi pagati in giro per il mondo. Eventualità non sempre scontata o possibile se non si sia accumulato un numero di giornate utili ai fini previdenziali, tali da determinare positive conseguenze in termini di pensione.

I punti di attenzione sono molteplici ed è importante conoscerli. Non devono essere di ostacolo alla sperimentazione di sempre nuovi modelli di organizzazione del lavoro che rispondano alla crescente richiesta di flessibilità, soprattutto da parte delle nuove generazioni

Ci vediamo alla prossima uscita!

PAOLA SALAZAR – Avvocato, esperto in diritto del lavoro. Dal 2009 il tema della conciliazione vita-lavoro, dell’organizzazione flessibile del lavoro e, oggi, del lavoro agile, è seguito sia per interesse personale, sia per interesse professionale come Legal Advisor di Smartworking srl.

Facciamo chiarezza su uno dei temi cardine del lavoro agile: la flessibilità organizzativa. Inauguriamo così un nuovo format – “Le risposte Agili dell’avvocato” – a cura di Paola Salazar,  Avvocato Giuslavorista e Legal Advisor di Smartworking srl.

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Diversamente, abbiamo deciso di raggruppare anche qui le tematiche affrontate in una serie di articoli. Ecco il primo!

Cosa è la flessibilità? E la flessibilità organizzativa in cosa consiste?

Parlare oggi di flessibilità e, soprattutto, di flessibilità nell’organizzazione del lavoro – specie dopo due anni di pandemia – significa molte cose.

Significa in primo luogo fare i conti in modo strutturale con il lavoro da remoto, con la flessibilità d’orario, con la gestione di dipendenti e collaboratori senza il rischio di una riqualificazione del rapporto di lavoro. Significa imparare a costruire un percorso di crescita e rigenerazione dell’organizzazione che parta dal benessere delle persone e dalla gestione dei talenti, senza perdere di vista il business.

Significa costruire modelli che tengano conto di tutti questi fattori senza il timore di rompere gli schemi gerarchici, ma con la consapevolezza del rinnovamento necessario dei ruoli e delle gerarchie.

Ce lo chiedono le persone. Ce lo chiede il futuro del lavoro. 

La flessibilità spazio-temporale è oggi il presupposto fondamentale per poter parlare di lavoro ed è e requisito indispensabile del lavoro ibrido.

Ma cosa si intende per lavoro ibrido? Innanzitutto il lavoro ibrido non è un modo diverso per intendere lo smart working. È qualcosa di più complesso e sfidante e garantisce di governare, attraverso la tecnologia, l’organizzazione del lavoro proprio in termini di flessibilità di tempo e di spazio.

Significa, in primo luogo, essere in grado di pianificare l’attività e quindi di definire gli obiettivi e di misurarne risultati e performance. Significa instaurare un clima di fiducia e organizzare i team di lavoro in presenza e in remoto in modo che obiettivi, risultati, spirito di collaborazione, feedback siano i fattori chiave della nuova organizzazione del lavoro.

Il lavoro ibrido richiede uno sforzo e un salto culturale e tecnologico all’alta dirigenza, ai manager, ai collaboratori. Significa, sapere usare in modo efficace e collaborativo tutti gli strumenti messi a disposizione: dagli strumenti hardware a quelli software, fino agli spazi di lavoro (propri, in co-working, in sede).

Significa, per ciascuno di noi, acquisire maggiore consapevolezza delle proprie doti organizzative, lasciandosi guidare nella gestione della giornata lavorativa dalle esigenze di contesto, dalle scadenze, dal rispetto degli orari di coordinamento con i colleghi e la clientela, ma anche dalle proprie esigenze personali e familiari, imparando a capire quando disconnettersi (senza sensi di colpa) e quando e come gestire le attività che devono necessariamente essere svolte in presenza e quelle che possono (o devono) essere svolte in remoto.

Ci vediamo alla prossima uscita!

PAOLA SALAZAR – Avvocato, esperto in diritto del lavoro. Dal 2009 il tema della conciliazione vita-lavoro, dell’organizzazione flessibile del lavoro e, oggi, del lavoro agile, è seguito sia per interesse personale, sia per interesse professionale come Legal Advisor di Smartworking srl.

Short Week: un trend del momento o una rivoluzione nel mondo del lavoro destinata a rimanere? Paola Salazar,  Avvocato Giuslavorista e Legal Advisor di Smartworking srl, ha analizzato il fenomeno in questo articolo andando oltre l’aspetto puramente normativo. Parliamo quindi di settimana corta per la seconda uscita del format – “Le risposte Agili dell’avvocato”.

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Lavoro Agile e Settimana corta

C’era una volta il lavoro agile….

Eh sì, perché il tema oggi all’ordine del giorno sembra non essere più il lavoro agile, ma la settimana corta. Ma se ci troviamo oggi a parlare finalmente e concretamente di orario di lavoro e di settimana corta, lo dobbiamo proprio al lavoro agile. A quel fondamentale principio del lavoro per obiettivi senza vincoli di tempo e di spazio che è il presupposto fondante del lavoro agile, così come ci viene restituito dalla norma (art. 18, c. 1 L. n. 81/2017).

Non solo, se si guarda alle caratteristiche del lavoro agile, ma anche alla stessa definizione normativa di orario di lavoro contenuta nella legge, si può vedere che è orario di lavoro “qualsiasi periodo in cui il lavoratore sia al lavoro a disposizione del datore di lavoro e nell’esercizio della sua attività e delle sue funzioni” (art. 1 D.Lgs. n. 66/2003).

La norma non impone le otto ore giornaliere sui cinque giorni della settimana ma preferisce il richiamo ad un criterio di “disponibilità delle energie psicofisiche del lavoratore” che in via generale, proprio grazie al lavoro agile, risulta oggi svincolato dalla necessaria presenza fisica nei locali dell’azienda ed apre pertanto degli spazi di riflessione su una maggiore flessibilità nell’organizzazione dell’orario di lavoro entro il limite di legge delle 40 ore settimanali.

È questo il senso ed il significato della settimana corta a parità di salario, nel rispetto della disciplina sulle pause e anche dei limiti di ragionevolezza – e di sicurezza – nella durata giornaliera e settimanale della prestazione lavorativa.

Parlare oggi di settimana corta assume un particolare significato, guardando anche alla crisi energetica e alla sua influenza sulla gestione quotidiana dell’attività delle famiglie e delle imprese. Non è solo questo, ancora una volta un fattore esterno diviene acceleratore di un cambiamento organizzativo, come durante la pandemia con il lavoro da remoto.

Il significato vero e profondo della settimana corta è quello di dare valore e spazio più concreti anche ai tempi di non lavoro. Qualcuno si è spinto fino a considerare particolarmente utile per la produttività avere più giorni di riposo. E chi di noi non ha sperimentato in concreto cosa vuol dire lavorare dopo un periodo più o meno o prolungato di riposo? La vera sfida per il futuro risiede proprio nella capacità di istituire sistemi di misurazione e di controllo dei risultati che diano la misura di questo valore.

Quando l’orario di lavoro viene utilizzato come strumento di organizzazione flessibile del lavoro (nei limiti dettati dalla legge e dalla contrattazione collettiva di ciascun settore) diviene anche strumento utile per dare valore (misurabile) sia ai tempi di lavoro sia ai tempi di non lavoro, proprio in una logica di miglioramento generale della qualità della vita.

Ci vediamo alla prossima uscita!

PAOLA SALAZAR – Avvocato, esperto in diritto del lavoro. Dal 2009 il tema della conciliazione vita-lavoro, dell’organizzazione flessibile del lavoro e, oggi, del lavoro agile, è seguito sia per interesse personale, sia per interesse professionale come Legal Advisor di Smartworking srl.

Un cambiamento inevitabile

Il mondo del lavoro sta cambiando, è sotto gli occhi di tutti, quale sarà la forma definitiva che assumerà è impossibile dirlo ora, probabilmente sarà una forma ibrida. Ciò che possiamo affermare con certezza è che questo cambiamento coinvolgerà ed anzi, ha già coinvolto, inevitabilmente anche gli spazi legati alla casa e all’ufficio. 

Di spazi noi ci occupiamo da tempo, nel farlo ci appoggiamo a due architetti che sono allo stesso tempo partner e alleati nei nostri progetti. Parliamo di Rachele Storai e Raffaele Sabbadini. Ci siamo conosciuti in uno spazio di coworking a Milano qualche anno fa e abbiamo iniziato a collaborare insieme. Con loro oggi abbiamo fatto alcune riflessioni.

La contaminazione della casa

In quella che potremmo definire la prima grande ondata, l’anno scorso, tutti abbiamo dovuto portare il lavoro a casa e quindi, in un certo senso, anche un pò l’ufficio. C’è stata una contaminazione degli spazi privati che è avvenuta senza che ce ne rendessimo conto. C’è chi si è abituato a lavorare in autonomia, in solitudine, in silenzio e chi invece ha riscontrato maggiori difficoltà di concentrazione. A causa degli spazi ridotti o poco organizzati (giustamente) per accogliere una postazione di lavoro, a causa della presenza di figli e di altre mille distrazioni. Questa contaminazione non è stata facile da gestire, ne abbiamo parlato con Rachele in un episodio delle nostre Colazioni Agili che vi riportiamo qui e su cui facciamo un breve focus.

FOCUS

Laura aveva appena comprato casa a Milano, una casa non troppo grande, doveva essere un punto d’appoggio in città. Scoppia la pandemia. Laura si trova in questa casa vuota, ancora da arredare, e con una serie di attività lavorative da portare avanti. 

Chiede aiuto a Rachele, insieme ridisegnano gli spazi in funzione delle nuove priorità che non sono più quelle di avere un punto di appoggio per la notte e poco altro. Ora Laura in quella casa deve trascorrere tutte le sue intere giornate. Con Rachele trovano una soluzione e Laura da quel momento in poi riesce a lavorare efficacemente da casa avendo a disposizione un piccolo angolo adibito a postazione di lavoro.

L’ufficio si è introdotto nella casa di Laura durante la pandemia e le necessità si sono ribaltate ma la soluzione a cui sono giunte Laura e Rachele è stata più che soddisfacente.

La contaminazione dell’ufficio

La casa è stata contaminata, ma come non pensare che lo sia stato anche l’ufficio?

La stessa cosa sta infatti succedendo per gli spazi di lavoro. Basti pensare ai nuovi condomini progettati con spazi di coworking al loro interno, ai nuovi uffici con nursery e pet friendly. Questa ibridazione degli spazi che sta avvenendo sempre più frequentemente ci porta a ripensare il concetto di ufficio e casa come entità a sé stanti. Se molte aziende proseguiranno nella direzione dello smart working l’ufficio diventerà importante come luogo di condivisione e aggregazione, la sua funzione sarà sempre più quella di ritrovo per co creare e progettare insieme ai colleghi. 

Per fare un esempio concreto riportiamo il caso raccontato da Raffaele sempre in una Colazione Agile che puoi rivedere qui.

FOCUS

Prima del Covid un’agenzia di comunicazione di Milano aveva progettato i nuovi uffici con l’aiuto di Raffaele e altri professionisti. Spazi open, phone bot, share desk e altre caratteristiche tipiche degli uffici più moderni.

Dopo il covid questa azienda ha ricontattato gli architetti, piano piano stanno rientrando in ufficio e si sono resi conto che ad oggi in presenza si “danno fastidio” a vicenda. 

Gli spazi open amplificano rumori, voci e suoni a livello acustico. La diffusione del suono non li aiuta a riprendere con serenità e hanno così chiesto aiuto per riorganizzare nuovamente gli spazi in funzione delle nuove necessità. 

La richiesta è comune ad altre società, oggi la priorità è diventata quella di avere un comfort acustico, avere quindi degli spazi chiusi in cui poter lavorare, sia singolarmente che in team. Avere phone bot più grandi, vetrate a dividere gli spazi e pannelli per l’assorbimento acustico.

Dalla casa, all’ufficio, alla città

Siamo partiti dalla casa per arrivare all’ufficio ed infine a colei che ospita entrambi, la città. Oggi si parla molto di città in 15 minuti, il concetto di riuscire quindi a reperire tutti i servizi di cui abbiamo bisogno in 15 minuti. Si parla di riqualificazione dei borghi che si stanno adoperando sempre meglio per ospitare i lavoratori in workation. C’è una maggiore attenzione alla sostenibilità e alla mobilità per gli spostamenti dei lavoratori.

Come cambierà il rapporto città e luoghi di lavoro in futuro? Sicuramente qualcosa cambierà, ci sarà la necessità di congestionare meno i mezzi pubblici, la possibilità di lavorare in posti diversi dalla città, più in generale ci sarà una ridefinizione degli spazi e dei confini di “dove lavorare” che saranno sempre meno definiti e sempre più labili.

In questa riflessione l’elemento fondamentale sono le persone ed in particolare, i leader. La scala dell’ufficio è cambiata così come lo sono gli spostamenti e quindi la città, è fondamentale ora che chi guida i team sia in grado di dare e mantenere armonia ed equilibrio. Dare la possibilità alle persone di scegliere da dove lavorare in funzione dell’attività da svolgere. 

L’ufficio del futuro è fatto di spazi nuovi, nuovi modi di spostarsi, vedere la città e di leader agili.